a cura di Marco Meneguzzo
progetto esecutivo di Roberta Giulieni
dal 20 dicembre 2021 al 28 febbraio 2022
Piano Nobile, Palazzo Sant'Elia, Palermo
Le circa trenta opere appartenenti ai “Fuochi dell’Arte”, allestite nelle splendide sale di Palazzo Sant’Elia appartengono in prevalenza alla collezione Jacorossi, creata dall’imprenditore e mecenate Ovidio Jacorossi, grande collezionista d’arte scomparso due anni fa. Si tratta di dipinti anche imponenti uniti dal fil rouge di un singolare destino: sono stati raggiunti dal calore di un incendio divampato nel 1992 in una falegnameria a San Lorenzo, poco distante da dove erano conservate. Il filo rosso è proprio il fuoco di quel rogo, un fuoco che porta distruzione e morte o che genera energia eterna.
L’irruzione del caso, l’imprevisto, il destino che con le bruciature rimodella le opere, rendendole magnifiche. Infatti, quando l’artista le vide contaminate dalle fiamme esclamò: “Non le toccate, sono più belle di prima”. Quelle bruciature dunque raccontano una storia particolare che questa mostra vuole ricordare.
Perché l’incendio le ha trasformate inconsapevolmente offrendoci nuove letture e punti di vista, portandole oltre l’intenzionalità creativa di Mario Schifano che però, nonostante le bruciature, ha continuato a riconoscerle come sue. Così invecchiate e arse dal fuoco, mai restaurate, si presentano senza paura a Palermo, con quell’alone di bruciato che ne ha alterato in parte i colori. Restituite al mondo, fatte rinascere dalla potenza del destino e del fuoco.
A Palazzo Sant’Elia, in due sale, saranno esposte anche una decina di opere non appartenenti ai “Fuochi dell’Arte” di cui abbiamo parlato. Sarà infatti possibile ammirare dieci dipinti di Schifano realizzate tra gli anni ’60 e gli anni ’90. In questo arco temporale l’artista romano sente la necessità di allargare gli orizzonti della comunicazione, di entrare in contatto con il pubblico utilizzando nuovi spazi e canali espositivi che non siano più quelli museali o delle gallerie private. L’ambizione era quella di “mettersi in mostra” nelle piazze, negli aeroporti, nelle strade. Mario, il “pittore maledetto” di quegli anni, sa perfettamente che non si vive più in una società di élite bensì in una società di massa, in una società delle immagini, ottica, visiva. E con le immagini gioca, “fa scarabocchi”, riflette: ecco quindi opere come “Spazio”, “Viaggio nei progetti”, “Meteomalato”, oppure “Coca Cola”, dedicata al logo della famosa bibita americana, in cui utilizza un’icona dell’immaginario massmediatico decontestualizzata.
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